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  • Basta! La politica mi ha fatto venire voglia di polpette (e Instagram mi fa rimpiangere la Nonna, ma tanto tanto)

    Ah beh. Io qui rischio non solo un infarto, ma un vero e proprio esaurimento nervoso per le incazzature che mi regala la politica. E non parlo solo di quella nazionale, che già di suo è un susseguirsi di colpi di scena di deficienti. No, mi riferisco anche a quella estera, con le sue tensioni internazionali che sembrano uscite da un film di spionaggio di serie B, e persino a quella spaziale, perché diciamocelo, anche le diatribe su chi pianta la prima bandierina su Marte mi fanno venire il mal di testa. Quindi ho preso una decisione drastica, irrevocabile, una sorta di sciopero mentale:  NON  ne voglio parlare. No. Non mi chiedete di analizzare l'ultimo tweet di quel leader controverso, non voglio sapere chi ha detto cosa a chi nell'ultimo vertice intergalattico, e vi prego, risparmiatemi i sondaggi sulle intenzioni di voto degli alieni. Oggi la mia sanità mentale ha la precedenza. Anime irrequiete. Quindi, facendo uno sforzo che definirei eroico, ho iniziato a respirare profondamente, come mi ha consigliato quella app di mindfulness che ho scaricato tre anni fa e mai usata (ironia della sorte, no?). E poi, mi sono lasciata andare a ricordi felici, quelle immagini mentali che sanno di buono e di casa, capaci di tranquillizzare anche l'anima più irrequieta. Sapete dove sono arrivata, dopo un breve ma intenso viaggio nella memoria? Dritta, senza esitazione, alle  polpette al sugo della Nonna! Panacea per tutti i mali Non c'era, e probabilmente mai ci sarà, nessuna cosa al mondo che non potesse essere alleviata, se non addirittura risolta, da quel meraviglioso piatto di palline rosse fumant i, amorevolmente posizionato proprio lì, sotto al tuo naso. Un mal di pancia da indigestione di caramelle? Polpette. Un brutto voto a scuola che sembrava la fine del mondo? Polpette. Una delusione amorosa adolescenziale, con il cuore spezzato in mille minuscoli frammenti? Esatto, polpette. Erano la panacea universale, un concentrato di amore materno (o meglio, nonnesco) e di sapori così intensi e avvolgenti da farti dimenticare, almeno per il tempo di un pasto, le brutture, le ingiustizie e i vari drammi. Quelle polpette non erano semplici bocconi di carne; erano un'ode alla semplicità, un monumento al comfort food ante litteram, un vero e proprio capolavoro culinario artigianale. La carne macinata scelta con la cura di un gioielliere, il pane raffermo che si scioglieva in bocca come neve al sole, il profumo inebriante del sugo che sobbolliva pigramente sul fuoco per ore, inondando la cucina di promesse di felicità. E quel tocco segreto, quell'ingrediente misterioso che solo la nonna conosceva e che rendeva ogni polpetta unica e indimenticabile. Ogni boccone era un abbraccio caldo, un ritorno ai giorni spensierati dell'infanzia, un momento di puro, incontrastato benessere che ti faceva sentire protetto e amato. "2025" E poi, inevitabilmente, apro Instagram. E cosa vedo scorrere sul mio schermo? Un universo parallelo dove il cibo sembra essere diventato una competizione di perfezione estetica. Instagram è come partecipare a una sfilata di ciotole immacolate, ognuna contenente una meticolosa e studiata disposizione di ingredienti "superfood" dai nomi esotici che suonano quasi come incantesimi e dai benefici millantati con la serietà di un trattato scientifico. Avocado toast che sembrano opere d'arte minimalista degne di un museo di arte moderna, smoothie verdi dalla consistenza inquietantemente perfetta che promettono l'immortalità (o, nella migliore delle ipotesi, una pelle più luminosa che dubito possa competere con lo splendore di una polpetta al sugo), e l'onnipresente bowl di quinoa, incoronata a nuovo messia della nutrizione, capace di risolvere ogni problema, dalla stitichezza cronica alla crisi di mezza età. "Healthy" Certo, non metto in dubbio che questi cibi siano salutari, per carità. Ma dove è finita la bellezza dell'imperfezione gustosa? Dove è il sugo generoso che ti macchia la tovaglia con allegria e ti fa venire una voglia irrefrenabile di inzuppare l'ultimo pezzetto di pane fino a farlo scomparire, lasciando solo una scia rossa sul piatto? Dove è la generosità un po' "eccessiva" della nonna, che ti riempiva il piatto fino all'orlo senza la minima preoccupazione per le calorie, i "carboidrati cattivi" o la "quota proteica giornaliera"? Guardando queste composizioni perfette, quasi chirurgiche, dove ogni ingrediente sembra essere stato posizionato con una pinzetta, mi assale una punta di malinconia. Sembra che il cibo, un tempo simbolo di convivialità e di affetto, sia diventato più un esercizio di stile, una performance da social media, che una vera e propria fonte di gioia semplice e di conforto genuino. Forse sono io che sto inesorabilmente scivolando verso la categoria "boomer" (anche se ricordo benissimo le cassette audio, quindi non esageriamo!), ma tra un avocado tagliato a ventaglio con precisione millimetrica e una spolverata di semi di chia che sembrano coriandoli salutisti, sento profondamente la mancanza di quella polpetta un po' sbilenca, magari con un pezzetto di pane raffermo che spunta, ma carica di amore, di sapore autentico e di una promessa silenziosa: "Andrà tutto bene". Nipoti futuri, nonne future E mentre continuo a scrollare questo infinito carosello di perfezione alimentare, mi pongo una domanda che mi ronza in testa come una zanzara d'estate: ma i nostri nipoti, nel non troppo lontano 2050, cosa ricorderanno delle loro nonne? Le impeccabili bowl di quinoa delle loro nonne (che magari saranno le trentenni super-fit e ossessionate dal benessere del 2025)? Che diranno ai loro figli? "Ah! Il 2056, mi ricordo quando la nonna mi cucinava la quinoa, senza olio, senza sale, senza niente..che ricordi quei sapori!" "E poi, dopo, ci dava una carota cruda come dessert. Che tempi!" Sì, ammetto di provare una certa afflizione per questi poveri pargoli del futuro. Cresceranno in un mondo dove il "peccato di gola" sarà un concetto da museo, dove l'unica trasgressione alimentare ammessa sarà forse un mirtillo di bosco in più. O avranno anche loro, nel loro bagaglio di ricordi affettivi, l'immagine di un piatto semplice, preparato con amore e senza pretese estetiche, che sapeva di casa, di abbraccio e di quella felicità un po' "rustica" che solo un piatto di polpette al sugo sa regalare? Spero sinceramente per loro che ci sia ancora spazio per qualche polpetta al sugo nel futuro, perché credetemi, in questo mondo sempre più complicato, a volte è l'unica "politica" che davvero conta e che può davvero farci sentire meglio! Tradizioni da tramandare E io, nel mio piccolo, continuerò a custodirne la ricetta nel cuore, sperando di poterla tramandare, clandestinamente, a qualche nipote goloso e un po' ribelle. Perché in un mondo ossessionato dalla perfezione salutistica, la semplice, imperfetta, meravigliosa polpetta al sugo della nonna rischia di diventare davvero... il sacro graal perduto. E chissà, magari un giorno oserò anche prepararle, sfidando le convenzioni salutistiche del 2025.(Che gesto anticonvenzionale! Pazza!) In fondo, arrivata a questo mezzo secolo di vita (e diciamocelo, con qualche acciacco ben rodato), ho ufficialmente conquistato la patente di guida per i piccoli "peccati di gola". Anzi, direi che non è più un peccato, ma un vero e proprio  diritto acquisito con l'anzianità ! Dopo anni di diete yo-yo, di sensi di colpa per ogni carboidrato extra e di tentativi falliti di capire il vero significato della parola "moderazione", ho deciso che la felicità, a volte, passa proprio attraverso una forchettata generosa di polpette succulente. Sì, quelle immerse in un mare di pomodoro profumato, preparate con tanto, tantissimo amore (e probabilmente anche un po' di strutto di nascosto, ma chi siamo noi per giudicare le nonne?). E se poi, per smaltire questo atto di edonismo culinario, dovrò trascinare i miei fedeli amici a quattro zampe per qualche chilometro in più a passeggio, beh, che ben venga! Immagino già la scena: io, leggermente appesantita ma con un sorriso beato stampato in faccia, e i miei cani, ignari del mio "peccato", che tirano felici verso l'ennesima aiuola da annusare. Sbaglio o c'è odore di sugo nell'aria? Sai che vi dico? Quasi quasi... mi sa che stasera mi faccio un piccolo regalo. Per la scienza, ovviamente. E per la memoria delle future generazioni, che non sanno cosa si perdono. #Polpette 4 ever

  • Il quesito con la Susy.

    Pensa, prima di parlare. Leggi, prima di pensare La Settimana Enigmistica, ve la ricordate? Ecco, ci vorrebbe proprio. Sì. Ma non nel senso di svago, quanto come terapia d’urto obbligatoria per tenere in allenamento la memoria. Perché ormai, tra Google e il cellulare, ci siamo giocati la capacità di ricordare anche il nostro stesso codice fiscale. E non parlo solo della memoria a breve termine—quella che ti fa tornare tre volte in casa perché hai dimenticato le chiavi—ma della memoria storica, quella che dovrebbe impedirci di ripetere gli stessi errori catastrofici del passato. E invece? Stiamo correndo a velocità folle contro un muro di mattoni. E, quel che è peggio, senza neanche aver allacciato le cinture. Non lo nego: questa cosa mi inquieta. Mi fa rimuginare. E così, scavando nei miei soliti pensieri contorti, ho cercato di capire dove si sia inceppato il meccanismo. E sapete dove sono atterrata? Sull’elefante nella stanza : la politica mondiale. "Born in the USA" Partiamo dagli Stati Uniti, che, piaccia o no, sono l’ago della bilancia globale. Gli ultimi tre mandati (Trump, Biden, Trump... perché ormai il loop è questo) hanno avuto un inquietante elemento in comune: l’età. Vecchi. Anzi, anziani. Anzi, matusalemme-level. Ora, lo so, è politicamente scorretto dirlo, ma tanto ormai la correttezza politica è una barzelletta, quindi via il cerotto: il primo ha la demenza senile, il secondo ha la demenza e basta. Uno si sente unto dal Signore, l’altro si dimentica pure dove ha lasciato il barattolo dell’unzione. E noi? Noi ce li portiamo sulle spalle, mentre ci trascinano verso il baratro con la stessa delicatezza di un elefante in un negozio di cristalli. E da noi? Stesso copione. Il povero Presidente Mattarella, che già stava pregustando una meritata pensione a base di pantofole e gite culturali, è stato risucchiato di nuovo nel vortice. Perché? Perché l’alternativa era un salto nel vuoto. Abbiamo vissuto giorni in cui non si sapeva se Draghi dovesse fare il Presidente della Repubblica o il Presidente del Consiglio. Il classico caso della coperta corta: copri una parte, scopri l’altra. E allora sorge spontanea la domanda: possibile che in un Paese di 60 milioni di abitanti l’unica scelta possibile da fare fosse tra due individui che, diciamocelo, la giovinezza l’hanno salutata da un pezzo? Certo, in alcuni casi l’esperienza è una risorsa preziosa (e Mattarella e Draghi lo dimostrano), ma il punto è un altro: dove diavolo è finito il ricambio generazionale? I 100 giorni E qui arriva la vera riflessione: il problema siamo noi. Sì, noi cinquantenni. Perché negli States, come in Italia, la classe politica che dovrebbe prendere il testimone siamo noi, no? E invece? Invece siamo ai margini. O peggio, siamo in Parlamento a scaldare sedie e a fare polemiche su borsette false, tacchi 12 e IVA sulle ostriche. Oppure, nella migliore delle ipotesi, a partecipare a improbabili feste di Capodanno con (reali) colpi in canna e a litigare tra di noi con la stessa maturità di due dodicenni su TikTok. E ogni volta che vedo i servizi sui dibattiti in Parlamento, con quei break infiniti tra una seduta e l’altra, mi torna in mente il pullman delle gite scolastiche dei 100 giorni alla maturità. Orrore. Cioè, quelli là dentro decidono anche del mio futuro, e l’unica immagine che mi rimandano è una scolaresca in gita? Davvero rassicurante. Tipo una gomitata nello sterno. E allora mi sento chiamata in causa. Perché, parliamoci chiaro: quelle cime là dentro sono miei coetanei. Avvocato del Diavolo Quindi, voglio essere buona e per un attimo far finta di dimenticare che con nessuno di loro riuscirei nemmeno a dividere un caffè al bar della stazione senza provare l’irrefrenabile impulso di fingere un’emergenza e scappare. Facciamo che mi prendo un’amnesia selettiva e provo a immaginarli da ragazzi, quando ancora litigavano con i brufoli invece che con le opposizioni, combattevano le loro piccole grandi battaglie per trovare un posto nel mondo e infilavano nel walkman la stessa musica che ascoltavo io—prima che imparassero a parlare solo in slogan. Okay, l’immagine ce l’ho. Andiamo avanti. Come ho scritto in altri articoli, la nostra generazione è quella che ha preso la scottatura più forte dal cambiamento di rotta del mondo. Siamo cresciuti nella vecchia era e diventati giovani lavoratori in quella nuova... in un lampo. Difficile adattarsi. O meglio, adattarsi ti ci adatti pure, ma farlo con coscienza? Quella è un’altra storia. Nebbia Chi tra voi ha avuto la straordinaria fortuna di sapere sin dall’asilo che sarebbe diventato medico, avvocato o ingegnere spaziale, e ha seguito quella rotta con la precisione di un GPS svizzero, può leggere le righe che seguono con la beata tranquillità di chi non è mai stato travolto dal panico esistenziale. Per tutti gli altri, quelli come me, che hanno navigato nella nebbia più fitta senza mai intravedere il faro di un destino chiaro, il discorso cambia. Perché diciamocelo: non tutti siamo nati con la vocazione scolpita nel DNA. Alcuni di noi si sono ritrovati con un lavoro per puro caso, un po’ come pescare un biglietto della lotteria senza neanche sapere di aver giocato. E la cosa assurda? Quel lavoro magari lo abbiamo pure fatto bene, lo abbiamo amato... ma non perché fosse il frutto di un percorso studiato a tavolino, tra università, master e sacrifici eroici. No, no, semplicemente ci è capitato tra le mani, come quando esci di casa per comprare il pane e torni con un cucciolo adottato. E quindi mi chiedo: quanti tra i politici coetanei si sono trovati tra le mani un mestiere che non avevano scelto? Non voglio generalizzare , ma la risposta temo sia: molti. E se io ho fatto per 23 anni un lavoro di grande responsabilità senza una laurea, impegnandomi e formandomi sul campo, la politica è tutta un’altra storia. Lì, la laurea serve eccome. Ma non solo per non collocare Times Square a Londra. Anzi, forse ne servirebbero almeno tre: una in storia per evitare di ripetere le peggiori catastrofi, una in geopolitica per non svegliarsi una mattina credendo che la Svizzera abbia il mare per conquistarne i porti, e una in economia per non pensare che stampare soldi a caso sia la soluzione a tutti i problemi. La storia si ripete Perché, diciamocelo, se non sai nulla di storia, finisci per ripetere gli errori del passato con la stessa convinzione di uno che ha appena scoperto l’acqua calda. Se ignori la geopolitica, rischi di scambiare un embargo per un piatto tipico messicano. E se non capisci nulla di economia, potresti credere che il bilancio di uno Stato funzioni come il salvadanaio a forma di maialino. Ecco, la laurea in certi casi non è solo utile… è un’assicurazione contro il ridicolo! Il problema però è che, per avere il senso del ridicolo, bisogna possedere almeno un briciolo di cultura di base … e qui siamo messi così male che il cane non solo si morde la coda, ma se la sta pure mangiando per disperazione. Santa pace! Piccola parentesi dedicata ai giovani, se mai dovessero leggermi.. Ragazzi, vi prego, studiate, apprendete, fate lavorare quei neuroni prima che si fossilizzino sui balletti di TikTok. La cultura è l’unica forma di potere che non si svaluta col tempo, non passa di moda e soprattutto non si basa sugli algoritmi di Instagram. Vi capisco, l’idea di diventare influencer sembra allettante: selfie perfetti, viaggi sponsorizzati, codici sconto per qualsiasi cosa, dalle scarpe alle vitamine per capelli… Ma davvero volete che la vostra massima eredità al mondo sia un tutorial su come mettere il mascara in tre mosse? Pensateci bene. Date retta a zia. Grazie, Prof.ss a Io ho avuto la fortuna di crescere con quattro nonni, veri e propri archivi viventi della memoria storica. Uno era stato soldato, l'altra aveva avuto il privilegio poco invidiabile di essere stata “interrogata” dai nazisti. E credetemi, dopo aver sentito i loro racconti, avevo le idee piuttosto chiare su cosa fosse stata la Seconda Guerra Mondiale —e anche su cosa significhi davvero la parola “orrore”. E poi c’era la mia Prof di lettere alle medie, la mitica Prof.ssa Scognamiglio, che decise che il modo migliore per farci entrare nell’adolescenza non fosse con qualche fiaba rassicurante, ma con “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Prima media. Undici anni. Dire che fu uno shock è un eufemismo. Ma erano altri tempi, quelli in cui la “fragilità emotiva” del fanciullo non veniva eccessivamente tutelata. Bei tempi! Perché grazie, cara Prof, se oggi ho un minimo di consapevolezza storica, lo devo anche a quelle letture che mi hanno ribaltato l’anima. Quindi cosa voglio dire? Che il problema del mondo attuale è che la gente è ciuccia e non ha mai studiato la lezione? Ah, se solo avessi una risposta! Ma il forte sospetto che molti di quelli che oggi dovrebbero guidare nazioni, prendere decisioni cruciali e tutelare gli interessi di tutti, non abbiano mai superato la fase della paginetta di aste , è piuttosto concreto. E non parlo solo dell’Italia, eh. Parlo del mondo intero. Perché l’ignoranza non è solo una brutta bestia. È una bestia feroce, famelica, e a quanto pare ha trovato terreno fertile ovunque. Ripensandoci, qui la settimana enigmistica non basta.. gitarella a Lourdes?

  • "The Villain" e l'LSD

    Beh, ecco, diciamo che il panorama internazionale della settimana passata mi ha gettato in una profonda angoscia. Ma roba che non ho dormito. Come il resto del mondo, incredula davanti alle immagini che documentavano quanto successo nello Studio Ovale. Ecco arrivata, l’ennesima scossa di un terremoto inarrestabile. Qui, tra delirio di onnipotenza, arroganza e follia, si sta giocando una partita davvero pericolosa. Forse sto guardando l’ultima stagione di "Agents of S.H.I.E.L.D.", dove i supereroi Marvel combattono l’Hydra, cioè i Fanta-nazisti? No, non riconosco gli attori. Quindi è tutto vero. Giorni di riflessioni, abitati da una varietà di emozioni tutte convergenti in 50.000 sfumature di ansia. Video allucinogeno Poi stamattina mi sono imbattuta in un video. Un video che parlava di LSD, MDMA e altre sostanze psichedeliche utilizzate per combattere ansia e depressione. Ah, ecco, dopo la settimana appena trascorsa, direi che l’unica cosa che ci può salvare è l’LSD!! Pare ci sia una società di Psicologi e Psichiatri che regola protocolli terapeutici e studia l’efficacia di queste terapie. Dicono, sempre loro, che sono tra le più efficaci. Ma, mi chiedo, siamo davvero arrivati al punto in cui la “pillola della felicità” deve prevedere anche un viaggio interstellare tra arcobaleni e unicorni filosofici? È come se avessimo deciso che, per affrontare la vita, abbiamo bisogno di una dose di fantascienza! Dal video emerge che, attraverso un “setting terapeutico” – così lo chiamano – l’alienazione dalla realtà genera un senso di benessere capace di essere riportato nella quotidianità, se ovviamente condotto con l’aiuto di un terapeuta. Cosa che, dicono loro, con dei semplici ansiolitici non è possibile fare. Quindi, che vuol dire? Che a breve andremo in farmacia dicendo: “Allora, aspirina, fermenti lattici e LSD, grazie.” “Certo, signora. Ne vuole uno con aroma di fragola?” Sono l'unica a pensare che questa cosa è , come minimo, bizzarra? Perché a questo punto non aggiungere un po’ di glitter e qualche paillettes mentre ci siamo? Oddio, a pensarci, forse l’idea non è poi così folle, considerando quello che vediamo ogni giorno al telegiornale. Comunque, riflettendoci, qui siamo davvero dentro un fumetto di fantascienza. Ho aperto questo blog per cercare di rimanere in equilibrio su questo tagadà cosmico , e appena riesco a stare in piedi due minuti senza cadere, BAM! Arriva un’altra batosta! Siamo la specie più evoluta, capace di arrivare sulla Luna e, a breve, anche su Marte (almeno così dice “The Villain”, alias Ciuffone Biondo ). Abbiamo intelligenza artificiale, internet, macchine che guidano da sole, Alexa che ci chiede se abbiamo fatto colazione e ci dà pure un bacetto sulla fronte ogni mattina… e per sopravvivere a tutto questo dobbiamo drogarci come a un festino rock negli anni '60? C’è qualcosa che non quadra. Cioè, davvero. Per riuscire a vivere sereni dobbiamo estraniarci dalla realtà? La situazione inizia a sfuggirci di mano... "Truman Show" Gia' mi immagino il restyling cittadino: ristoranti, bar, palestre solo per chi assume psichedelici. Dove tutti sorridono, dove tutti sono gentili, perfetti come la famiglia del Mulino Bianco. Visualizzo questa fanta-città in cui le persone si incontrano per discutere delle loro esperienze psichedeliche come fossero eventi sociali “Ciao, come è andato il tuo viaggio lunedì?” “Oh, magnifico! Ho parlato con un unicorno e abbiamo discusso di filosofia!” E che dire delle code in farmacia? “Sì, mi scusi, vorrei un cocktail psichedelico per affrontare la mia giornata!” Ma a questo punto, la vera domanda è: stiamo davvero cercando di “curare” l’ansia con una sostanza che ci porta su un pianeta lontano, o stiamo semplicemente cercando di fuggire dalla realtà? Non è un po’ come mettere una benda sugli occhi e sperare che il mondo diventi un posto migliore? O peggio ancora, fare finta che non sia un nostro problema, chiudere gli occhi, incrociare le dita e aspettare che qualcuno – magari un supereroe con il mantello – venga a sistemare tutto al posto nostro? Perché ammettiamolo: se il mondo è impazzito, mica possiamo risolverlo con un trip a base di allucinogeni. E nemmeno con la tecnica dello struzzo. E' sempre questione di "chimica." Diciamocelo: non è normale dover ricorrere a sostanze chimiche per sopravvivere alla....vita. Se il lunedì mattina ci fa venire voglia di teletrasportarci su un altro pianeta, forse il problema non è il lunedì, ma il fatto che ci siamo costruiti un sistema che ci schiaccia e ci fa sentire alieni anche senza bisogno di LSD. E allora, invece di aggiungere effetti speciali alla realtà, non sarebbe il caso di provare a cambiarla? Voglio dire, noi adolescenti degli anni '80 siamo sopravvissuti alle spalline esagerate, ai capelli gonfi che sfidavano la legge di gravità e ai jeans 501 con orli improbabili che ci facevano camminare come pinguini… possibile che non riusciamo a sopravvivere senza funghetti in questo pazzo mondo che ci ritroviamo? Abbiamo resistito al Tamagotchi che moriva ogni tre ore, ai modem 56k che facevano più rumore di un trattore e persino alla moda dei fuseaux fluorescenti. Abbiamo affrontato il trauma delle videocassette smagnetizzate, il terrore di registrare sopra il nastro delle vacanze con una puntata di "Non è la Rai", e l’orrore dei maglioni di lana che pizzicavano come carta vetrata. E adesso, invece di rimboccarci le maniche e affrontare la realtà, ci vogliono vendere il biglietto per un’odissea psichedelica? Ma dai! Se ce l’abbiamo fatta allora, possiamo farcela anche adesso. Senza bisogno di arcobaleni chimici.

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  • Pagina membro | 50 anni nel 2025

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  • Blog di ironia e riflessioni sui cinquantenni nel 2025 | blog per cinquantenni spiritosi

    Benvenuto in questo blog di ironia e riflessioni sui cinquantenni nel 2025. Qui si parla di tutto: di come sopravvivere alla crisi dei capelli bianchi, di come la tecnologia ci sfidi ogni giorno (e di come noi facciamo finta di capirla), e di come affrontare i cambiamenti con un sorriso e una buona dose di ironia. Se anche tu sei nel club dei cinquantenni che non si prendono troppo sul serio, sei nel posto giusto! E' un blog oper cinquantenni spiritosi! Riflessioni sul Mezzo Secolo Benvenuti nel mio Blog Blog di ironia e riflessioni sui cinquantenni nel 2025 CHI SONO Benvenuto! Giusto per chiarire... questo non è un blog di "fai da te", non troverai consigli esistenziali (perché, magari averne!), non è un blog di moda, lifestyle, cucina o altro. È un diario, dove raccolgo le mie riflessioni sull’età che ho appena raggiunto, il tutto condito con una buona dose di ironia e scanzonatura. Quello che mi piacerebbe ottenere, però, è un riscontro dai miei coetanei, giusto per evitare di continuare a sentirmi quella che "pensa troppo". Perché, in fondo, se non lo facciamo noi cinquantenni, chi lo fa? PORTFOLIO Benvenuti nella MIA nuova pagina di STRISCE A FUMETTI. LE (NOSTRE) avventure CON GLI amici pelosi, tra amore sconfinato e calzini che sembrano svanire nel nulla VAI ALLA PAGINA Il Blog FORUM Michela Mercuri 1 minuto fa Tempo di lettura: 5 min Basta! La politica mi ha fatto venire voglia di polpette (e Instagram mi fa rimpiangere la Nonna, ma tanto tanto) Ah beh. Io qui rischio non solo un infarto, ma un vero e proprio esaurimento nervoso per le incazzature che mi regala la politica. E non... 1 0 commenti 0 Post non contrassegnato con Mi piace Michela Mercuri 11 mar Tempo di lettura: 6 min Il quesito con la Susy. ratings-display.rating-aria-label (1) Pensa, prima di parlare. Leggi, prima di pensare La Settimana Enigmistica, ve la ricordate? Ecco, ci vorrebbe proprio. 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La solitudine na na ratings-display.rating-aria-label (2) Fuffa Vagando per il web, tra una notizia e l'altra, mi sono imbattuta in un articolo che parlava delle truffe sentimentali. Una novità,... 98 3 commenti 3 5 Più di un Mi piace. Post non contrassegnato con Mi piace 5 Michela Mercuri 13 feb Tempo di lettura: 5 min Intelligenza o....deficienza artificiale? ratings-display.rating-aria-label (3) Pensieri random... Dunque. Non solo non si riesce a stare al passo con questa trottola impazzita che è diventato il mondo… ma ora, per... 89 3 commenti 3 3 Più di un Mi piace. Post non contrassegnato con Mi piace 3 Michela Mercuri 10 feb Tempo di lettura: 6 min La matta del quartiere, e il suo metodo di "Educazione" imprevista. ratings-display.rating-aria-label (2) Dedicato a coloro che non amano essere in compagnia di bambini indemoniati 57 3 commenti 3 3 Più di un Mi piace. 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Ah, ragazzi, ho appena avuto la conferma che, forse, non sono proprio completamente una visionaria. O forse sì, vabbè, non è... 64 3 commenti 3 6 Più di un Mi piace. Post non contrassegnato con Mi piace 6 Michela Mercuri 30 gen Tempo di lettura: 4 min Meno male che c'era John Snow ratings-display.rating-aria-label (4) Ok, adesso che finalmente abbiamo rotto il ghiaccio, parliamo di serie TV. Si si d'accordo, ho 50 anni. Ma dentro mi sento ancora quella... 58 4 commenti 4 6 Più di un Mi piace. Post non contrassegnato con Mi piace 6 Michela Mercuri 28 gen Tempo di lettura: 3 min La sindrome del telefono a gettoni. ratings-display.rating-aria-label (4) Il telefono a gettoni. Ve lo ricordate? Che meraviglia. Io avevo quella cabina telefonica sotto casa, nella piazzetta, che sembrava il... 60 5 commenti 5 11 Più di un Mi piace. Post non contrassegnato con Mi piace 11 Hello Ciao! Se sei curioso di scoprire chi sono o, chissà, anche cosa faccio nella vita, puoi sempre cliccare qui sotto. 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  • Portfolio | 50 anni nel 2025

    Sono una grafica, illustratrice e fumettista. In pratica, passo le giornate a fare magie con colori, linee e pennelli, cercando di far sembrare tutto semplice, quando in realtà ogni progetto è una piccola (o grande) lotta con la perfezione. Tra schizzi che nessuno capisce, colori che non si mischiano come dovrebbero e fumetti che, a volte, sembrano prendere vita propria, posso dire con orgoglio che il mio lavoro è una forma d'arte... e anche di pazienza infinita. Il mio portfolio Benvenuto nel mio portfolio! Qui troverai una selezione dei miei lavori, ovvero quella che considero la parte più affascinante della mia vita (sì, lo so, sono modesta). Se vuoi scoprire cosa faccio, dai un’occhiata ai miei progetti. E se ti piacciono, beh, non è che mi dispiaccia! VEDI TUTTO HOME CHI SONO BLOG Get in Touch michelamercuri38@gmail.com First Name Last Name Email Message Send Thanks for submitting!

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